A Claudio Giovannesi piace raccontare quello che, dopo anni di lavoro, conosce bene: gli adolescenti di borgata, quella gioventù vitale e spigolosa che, spesso, sfoga la sua irrequietezza nell’illegalità. Questo non vuol dire però che il regista racconti sempre la stessa cosa: bastano pochi minuti di Fiore per capire che si tratta di un film che con Alì ha gli occhi azzurri ha numerosi punti di contatto, nello stile e nei temi, ma che costruisce un disegno complessivo del tutto differente.
In quei primi minuti, la differenza più evidente sta in una fotografia che non è più quella scura, plumbea e sgranata del film del 2012, ma che è solare e nitida: anche troppo, forse, perlomeno fino a quando non capisci perché.
E il perché lo capisci quando la storia di una minorenne sbanda...