L’Italia ha ritrovato il suo cinema fondativo. Quello dalla parte degli ultimi, quello fiabesco e popolare di Citti e di Pasolini, di Scola e di Comencini. Quello della terra e della natura, arcaico e sospeso, che tanto era caro al compianto maestro Ermanno Olmi.
È il cinema fanciullo, libero e “bislacco” per dirla con le sue stesse parole, di Alice Rohrwacher. Che alla sua terza prova da regista riesce ad andare al di là dei già meritori Corpo celeste e Le meraviglie, compiendo un balzo in avanti che assume le sembianze del volo.